L’Italia è al ventesimo posto su 115 Paesi per accesso ai dati pubblici

da "La Stampa" del 07/06/2017

 

L’Open Data Barometer premia il nostro Paese, che avanza di una posizione: “il vero valore degli open data è nel riuso che ne viene fatto”

 

 

I risultati dell’ultimo rapporto dell’Open Data Barometer, giunto alla quarta edizione, mostrano che l’accesso ai dati pubblici da parte dei cittadini è un obiettivo ancora lontano dal suo compimento in molti Paesi. L’Italia è avanzata di una posizione, passando dal 21° al 20° posto, davanti la Finlandia e subito dopo la Svizzera. A guidare la classifica il Regno Unito, seguito da Canada e Francia: gli Stati Uniti quarti.

 

I dati aperti sono dati che possono essere liberamente utilizzati da chiunque, e sono così importanti poiché tutti i cittadini hanno il diritto di partecipare pienamente alla vita pubblica. Deve esserne garantito l’accesso, e devono essere disponibili in un formato utile e modificabile, così da permetterne il riutilizzo e la ridistribuzione. Ciò comprende la possibilità di combinarli con altre basi di dati.

 

L’Open Data Barometer copre oggi 115 Paesi: un aumento del 25% rispetto alla precedente edizione del rapporto. L’istituto ha stabilito dei criteri di giudizio, riportati nella Carta degli open data, firmata da 17 governi nazionali, tra cui l’Italia, e 30 amministrazioni locali (tra cui ad esempio la città di Buenos Aires o Madrid).
La Carta è un quadro che spiega e propone la cultura e la pratica degli open data, in modo da risultare resiliente al cambiamento politico, e guidato dalla domanda degli utenti.

 

Come funziona l'Open Data Barometer?

Il giudizio sui Paesi verte su sei princìpi fondamentali. L’offerta dei data set chiave (ad esempio i dati aperti relativi ai bilanci governativi), la loro completezza e tempestività di aggiornamento, la loro offerta in un formato con licenza aperta, la disponibilità in un formato leggibile e riutilizzabile, l’impatto sul miglioramento dell’efficienza del governo, e quello sull’innovazione e lo sviluppo derivato dal riutilizzo dei dati aperti.

 

«I dati relativi all’Italia e il progresso in classifica, benché di una posizione, dimostrano che le azioni normative e amministrative degli ultimi anni in materia di dati aperti iniziano a dare i loro frutti - spiega Ernesto Belisario, avvocato esperto di diritto delle tecnologie -. Si tratta di processi complessi, destinati a dare risultati nel lungo periodo, che per loro natura necessitano di un cambiamento culturale, non solo all’interno delle pubbliche amministrazioni. Infatti, il vero valore degli open data è nel riuso che ne viene fatto, dai cittadini, dalle imprese, e dai giornalisti».

 

LUCA SCARCELLA

 

@LuS_inc

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